Lotto No. 418


Fernando Botero *


(nato a Medellin, Colombia nel 1932; vive e lavora a Parigi e New York)
Bagnante, 1990, firmato e numerato Botero 3/6 e con il timbro della fonderia sul lato inferiore, bronzo con patina marrone scuro, 30,5 x 50,7 x 23 cm, (MCC)

Certificazione fotografica dell’artista, datato 2012.

Provenienza:
Collezione privata europea

Bibliografia:
Fernando Botero, Recent Sculpture (catalogo della mostra), Marlborough Gallery New York, 1990, p. 18–19, n. 9 (con riprod. di un altro esemplare);
J. C. Lambert & B. Villegas, Botero Sculptures, Villegas, Bogotà, 1998, n. 173 (con riprod. di un altro esemplare)

In un racconto delle Mille e una notte si narra di come la creatura più desiderabile nell’harem di Harun-al-Rashid fosse una giovane donna con fianchi talmente ampi da essere costretta a rimanere sempre in posizione distesa, poiché, se si fosse rizzata in piedi, avrebbe perso l’equilibrio e sarebbe caduta (o forse, si dovrebbe dire, avrebbe straripato). L’identificazione della bellezza con la magrezza è occidentale e moderna, e discende da un pregiudizio probabilmente di natura anglosassone e certamente protestante. Nelle società antiche, nelle culture primitive, nelle società rurali del mondo cattolico, la magrezza provoca ribrezzo e paura, poiché viene associata alla fame e alla malattia. La tradizione greco-latina stabilì un canone di bellezza che si basava sull’armonia della forma umana, e che non escludeva le figure robuste; direi anzi che, nella maggior parte dei periodi storici, le forme robuste predominarono. Ancor’oggi, nella Spagna rurale, la parola ‘hermoso’ (‘bello’), se riferita ad una persona, significa ‘grasso’. [Ha la stessa etimologia dell’italiano ‘formoso’, ndt]

Quando Fernando Botero era un fanciullo, la tradizione che equiparava la bellezza all’abbondanza era ancora piuttosto viva in America Latina. Era alimentata da un’intera mitologia erotica che poteva essere ritrovata nei disegni delle riviste, nelle barzellette oscene raccontate nei bar, nella moda, nelle canzoni, nella letteratura popolare e, soprattutto, nei film che il cinema messicano diffondeva in tutto il resto del continente. Le forme esuberanti di quelle artiste con le loro acconciature vaporose, che cantavano boleri, danzavano huarachas e indossavano vestiti attillati affinché potessero metterne in risalto i seni o le natiche con scaltra volgarità – queste erano le delizie della nostra generazione e stimolarono i nostri primi desideri – debbono essere rimaste incastonate nel subconscio di quel ragazzo di Medellin. In seguito quelle forme si fusero, con una strana alleanza, con le Vergini e le Madonne italiane del Quattrocento, ai cui piedi Botero raggiunse la maturità artistica, e divennero le fonti primarie da cui le figure enormi dei suoi dipinti emersero. Tutto nell’arte di Botero proviene da questo processo alchemico: la tradizione estetica occidentale che l’artista studiò devotamente in Italia, rielaborata con la sua esperienza dell’America Latina provinciale, esuberante e vitale della sua infanzia.
Tratto da: Mario Vargas Llosa, A Sumptuos Abundance, traduz. inglese di John King, 1986 (la traduzione italiana di cui sopra è basata sulla versione in lingua inglese; titolo originale: La suntuosa abundancia, Lima, 1984), dal catalogo della mostra “The enigma of Fernando Botero”, Moderna Museet, Stoccolma, 2001/2002.

31.05.2016 - 19:00

Prezzo realizzato: **
EUR 344.600,-
Stima:
EUR 200.000,- a EUR 250.000,-

Fernando Botero *


(nato a Medellin, Colombia nel 1932; vive e lavora a Parigi e New York)
Bagnante, 1990, firmato e numerato Botero 3/6 e con il timbro della fonderia sul lato inferiore, bronzo con patina marrone scuro, 30,5 x 50,7 x 23 cm, (MCC)

Certificazione fotografica dell’artista, datato 2012.

Provenienza:
Collezione privata europea

Bibliografia:
Fernando Botero, Recent Sculpture (catalogo della mostra), Marlborough Gallery New York, 1990, p. 18–19, n. 9 (con riprod. di un altro esemplare);
J. C. Lambert & B. Villegas, Botero Sculptures, Villegas, Bogotà, 1998, n. 173 (con riprod. di un altro esemplare)

In un racconto delle Mille e una notte si narra di come la creatura più desiderabile nell’harem di Harun-al-Rashid fosse una giovane donna con fianchi talmente ampi da essere costretta a rimanere sempre in posizione distesa, poiché, se si fosse rizzata in piedi, avrebbe perso l’equilibrio e sarebbe caduta (o forse, si dovrebbe dire, avrebbe straripato). L’identificazione della bellezza con la magrezza è occidentale e moderna, e discende da un pregiudizio probabilmente di natura anglosassone e certamente protestante. Nelle società antiche, nelle culture primitive, nelle società rurali del mondo cattolico, la magrezza provoca ribrezzo e paura, poiché viene associata alla fame e alla malattia. La tradizione greco-latina stabilì un canone di bellezza che si basava sull’armonia della forma umana, e che non escludeva le figure robuste; direi anzi che, nella maggior parte dei periodi storici, le forme robuste predominarono. Ancor’oggi, nella Spagna rurale, la parola ‘hermoso’ (‘bello’), se riferita ad una persona, significa ‘grasso’. [Ha la stessa etimologia dell’italiano ‘formoso’, ndt]

Quando Fernando Botero era un fanciullo, la tradizione che equiparava la bellezza all’abbondanza era ancora piuttosto viva in America Latina. Era alimentata da un’intera mitologia erotica che poteva essere ritrovata nei disegni delle riviste, nelle barzellette oscene raccontate nei bar, nella moda, nelle canzoni, nella letteratura popolare e, soprattutto, nei film che il cinema messicano diffondeva in tutto il resto del continente. Le forme esuberanti di quelle artiste con le loro acconciature vaporose, che cantavano boleri, danzavano huarachas e indossavano vestiti attillati affinché potessero metterne in risalto i seni o le natiche con scaltra volgarità – queste erano le delizie della nostra generazione e stimolarono i nostri primi desideri – debbono essere rimaste incastonate nel subconscio di quel ragazzo di Medellin. In seguito quelle forme si fusero, con una strana alleanza, con le Vergini e le Madonne italiane del Quattrocento, ai cui piedi Botero raggiunse la maturità artistica, e divennero le fonti primarie da cui le figure enormi dei suoi dipinti emersero. Tutto nell’arte di Botero proviene da questo processo alchemico: la tradizione estetica occidentale che l’artista studiò devotamente in Italia, rielaborata con la sua esperienza dell’America Latina provinciale, esuberante e vitale della sua infanzia.
Tratto da: Mario Vargas Llosa, A Sumptuos Abundance, traduz. inglese di John King, 1986 (la traduzione italiana di cui sopra è basata sulla versione in lingua inglese; titolo originale: La suntuosa abundancia, Lima, 1984), dal catalogo della mostra “The enigma of Fernando Botero”, Moderna Museet, Stoccolma, 2001/2002.


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kundendienst@dorotheum.at

+43 1 515 60 200
Asta: Arte moderna
Tipo d'asta: Asta in sala
Data: 31.05.2016 - 19:00
Luogo dell'asta: Vienna | Palais Dorotheum
Esposizione: 21.05. - 31.05.2016


** Prezzo d’acquisto comprensivo dei diritti d’asta acquirente e IVA

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