(Salò 1687- post 1753 Venezia)
Paesaggio fluviale con figure e asino; Paesaggio fluviale con pastore, cavaliere e armenti,
olio su tela, ciascuno cm 73 x 98, con cornice
una coppia (2)

Provenienza:
collezione privata europea. Ringraziamo la dottoressa Federica Spadotto, che ha confermato l'attribuzione del dipinto in questione dopo averlo esaminato dal vivo.
Il suggestivo pendant, raffigurante due ampi brani campestri guarniti da villani e animali su uno sfondo delimitato da montagne e borghi rustici, si colloca nella maturità artistica di Giovan Battista Cimaroli, maestro bresciano giunto a Venezia nel 1713. A portarlo in Laguna sarebbe stato il matrimonio con Giovanna Caterina Pachman, a sua volta pittrice di nature morte e figlia di un altrimenti ignoto pittore fiammingo, che il giovane artista prese in moglie lo stesso anno con la benedizione del suo maestro Antonio Calza, di cui la fanciulla era cognata. Il Cimaroli aveva trovato nel vivace capoluogo della Serenissima il terreno più congeniale per far crescere il seme di un’arte appresa in Lombardia, profondamente radicata nel realismo.

L’attenzione al microcosmo naturale, il tratto asciutto nel delineare i contorni delle figure, quella vocazione alla cronaca, alle piccole cose della vita rappresentano infatti i capisaldi della sua poetica, espressa nella concezione dell’arte come sapienza artigianale. Nelle opere in esame gli ingredienti citati si vestono, tuttavia, dell'influenza di Francesco Zuccarelli, sia nell’impasto cromatico dal retrogusto pastello sullo sfondo, sia nella pennellata leggera e pastosa, che non tradisce tuttavia la cura lenticolare rispetto alla fisionomia di alberi ed arbusti, vero e proprio carattere-guida dello stile di Giovan Battista Cimaroli. L’ampia chioma quasi ostentata con compiacimento sul limpido cielo meridiano si pone, invero, alla stregua di un virtuosistico assolo condotto in punta di pennello, godibilissimo cammeo che negli anni Venti aveva indotto Owen MacSwiny a scegliere il nostro artista per il ciclo dei Tombeaux des Princes proprio come esecutore dei verdeggianti inserti fitomorfi accanto a Canaletto, Piazzetta, Balestra e Pittoni.

Anche le architetture si caratterizzano per la schietta verosimiglianza rispetto ai borghi rustici della campagna veneta, “arricchiti” da torri e ponticelli di legno di evidente matrice nordica desunti con grande probabilità dalle contemporanee incisioni. Per quanto trasfigurato, l’entroterra lagunare si offre alla vista come un frammento di quotidianità consegnato alla storia dall’occhio attento del narratore.

I riferimenti a Magnasco ( tronco spezzato all’estrema destra del primo esemplare), Marco Ricci ( il gesto del pastore nel pendant ), nonché l'influenza del già citato Zuccarelli (cfr. Spadotto, 2007, cat.13-14 ), ma anche a Francois Boucher si risolvono in un compendio di rara suggestione, dove è il sogno ad assomigliare alla vita, accarezzato dalla luminosità lucida e diffusa di un meriggio primaverile. Una versione di omologhe dimensioni del Paesaggio fluviale con pastore, cavaliere e armenti, apparteneva già alla collezione Bonomi (vedi Antonio Morassi, Saggio su Giambattista Cimaroli collaboratore del Canaletto, in: Arte Veneta, XXVI, 1972, tav. 237 nonché F. Spadotto, Un artista dimenticato: Giovan Battista Cimaroli, in: Saggi e Memorie di Storia dell’Arte, 23, 1999, n. 23 e F. Spadotto, Giovan Battista Cimaroli, Catalogue Raisonné of His Paintings, Rovigo 2011, n. 37).

Ringraziamo la dottoressa Federica Spadotto per averci aiutato a catalogare il dipinto in esame.