Lotto No. 556


Giovanni Francesco Barbieri, Il Guercino


Giovanni Francesco Barbieri,  Il Guercino - Dipinti antichi

(Cento 1591–1666 Bologna)
La morte di Adone,
olio su tela, cm 68,5 x 105,5, con cornice

Siamo grati a Nicholas Turner che ha proposto l'attribuzione dopo aver esaminato dal vivo il dipinto in esame. Egli ritiene la ritrovata Morte di Adone sia un'opera del giovane Guercino, e sia pertanto la più importante riscoperta degli ultimi anni sul primo periodo del pittore, di cui si è conservato un numero relativamente scarno di disegni e quadri.

Ringraziamo inoltre Erich Schleier per aver confermato l'autografia, dopo aver esaminato il dipinto originale. Schleier concorda con Turner in merito alla datazione al 1613–1615, e ritiene che si tratti di un capolavoro del primo periodo del pittore.

Della produzione di Guercino precedente al 1612, anno in cui fu “scoperto” da padre Antonio Mirandola, canonico di San Salvatore in Bologna e futuro presidente del monastero dello Spirito Santo a Cento, si sa assai poco. Stilisticamente il dipinto in esame è databile intorno al 1613–1615. Potrebbe trattarsi del primo “quadro di galleria” di contenuto mitologico del Guercino, di tre anni precedente, quindi, al dipinto generalmente datato al 1618 con le Bagnanti (Diana e Atteone?) al Museo Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, che spesso viene piuttosto annoverato alla categoria dei paesaggi che non a quella dei “quadri di storie”. (1) La Morte di Adone riveste quindi grande interesse per l'ampliamento delle nostre conoscenze sul primo Guercino. Nonostante le differenze nel formato e nella datazione fra il dipinto in esame e quello di Rotterdam, esiste tutta una serie di affinità. Una di esse è la semplicità disarmante nella resa del paesaggio e della compresenza di uomini ed animali nella natura. Una seconda consiste nella presenza di un nudo femminile di spalle in primo piano, che attira lo sguardo: nell'un quadro è Venere, nell'altro una ninfa di Diana. La corporeità delle due donne fa pensare piuttosto ad una paesana di Cento che godeva di buona salute che non ad una qualsiasi statua di marmo di una figura femminile idealizzata. (2)
Depongono a favore di una datazione del dipinto al primo periodo anche svariate analogie formali con la prima pala d'altare del Guercino, il Trionfo dei santi eseguita nel 1613 per la chiesa di Santo Spirito a Cento. (3) Il quadro è oggi perduto ma lo conosciamo in base ad una copia dipinta un tempo al Bridgewater House, Londra, ma oggi nota soltanto in base a fotografie e grazie ai bozzetti autografi del Guercino al Louvre. (4)
Il profilo perduto della Venere nella Morte di Adone viene anticipato dalla Madonna nella pala d'altare di Cento oggi perduta: è inginocchiata con la testa china in avanti al cospetto di Cristo, che la presenta alla comunità genuflessa dei santi. Il fatto che dietro il corpo sensuale della Venere si trovi un panno bianco che forma un ghirigoro ad arabesco e di cui ella si serve per asciugarsi le lacrime, trova una corrispondenza nel panneggio di Cristo, dagli stravaganti svolazzi che dietro di lui pare esser agitato da un colpo si vento divino. Un esempio particolarmente opportuno delle analogie nello stile sono forse anche il volto e la chioma del putto dai capelli rossi che singhiozza e si preme sul viso l e mani con le dita intrecciate per trattenere le lacrime.

In proporzione rispetto allo spazio pittorico complessivo le figure nella Morte di Adone sono di piccolo formato, il che viene ulteriormente sottolineato dagli altri personaggi della narrazione, anch'essi di grandezza limitata – i quattro cherubini accompagnanti, i due cani di Adone e le due colombe bianche che hanno accompagnato la loro padrona in carrozza sul luogo della tragedia. Questa piccolezza delle figure è caratteristica di quel periodo del Guercino. In molte delle sue primissime composizioni gli attori sono volutamente resi in piccolo formato, per sottolineare la suggestiva ampiezza del paesaggio circostante , come ad esempio negli affreschi guerciniani della Casa Panini (1615–1517)(5). La Venere, che nel nostro dipinto ha il ruolo di protagonista, non determina ancora la composizione guerciniana alla stessa maniera dei protagonisti di tanti suoi quadri di storie dell'epoca appena successiva.

Nella Morte di Adone di Guercino è già evidente la sua metodologia altamente personale. L'artista era solito cambiare i contorni delle sue figure ed altri elementi durante il lavoro, e questi cambiamenti li ridipingeva in un secondo momento, senza però cancellare mai del tutto la sua prima invenzione. In quadro in esame la modifica più evidente la ritroviamo nel corpo di Venere, che dapprima era previsto più a destra e fu poi spinto verso la sinistra. (6) Le tracce della posizione originaria di Venere sono in gran parte ridipinte, ma traspaiono attraverso lo strato di colore che fu steso per ricoprirle (e con il tempo questo effetto è divenuto ancora più evidente). Al nuovo posto di Venere nel quadro Guercino ha anche adeguato in maniera impercettibile le sue membra, come tradiscono le correzioni sapientemente celate e la differenza nella stesura del colore nella zona dei contorni. L'abitudine del Guercino di procedere ad ampi pentimenti durante la lavorazione, lo avrebbe accompagnato durante tutta la sua produzione, soprattutto nei suoi disegni.

Nella Morte di Adone di Guercino predominano le influenze ferraresi forse ancor più dell'elegante stile figurativo di Ludovico Carracci (1555–1619), con la cui opera il giovane pittore era entrato in contatto agli agli inizi della sua carriera artistica. Gli accenni all'ascendente della scuola ferrarese locale sulla pittura di Guercino sono determinati dettagli paesistici e la scelta cromatica – le tonalità sature di verde e azzurro prevalgono nettamente rispetto ai pochi brani in rosso caldo e nelle sfumature color terra. Un simile elemento scenografico è l'arancio pieno di frutti lucenti nella metà destra del quadro, che ricorda simili alberi da agrumi nelle opere di Dosso Dossi, il maggior maestro rinascimentale della città (intorno al 1492?–1547)(7). Ricorda Dossi anche la struttura della composizione di Guercino: l'arancio svetta sopra il gruppo del cordoglio e suddivide la spazio pittorico in due metà disuguali. Al di sotto del cielo sulla sinistra si riconoscono altri pentimenti in un altro albero dal'alto fusto, che a quanto pare sembrò superfluo al Guercino su questo lato della composizione.

Altri elementi caratteristici nel quadro alludono ad un altro – successivo – maestro ferrarese, più anziano del Guercino ma suo contemporaneo, Ippolito Scarsellino (1551–1620): ad esempio la resa del paesaggio soprattutto sullo sfondo a sinistra, dove dalla pianura si alzano le montagne in lontananza. Questo brano viene dipinto nella maniera dello Scarsellino e dei suoi sfondi paeasistici, con tonalità del verde scuro e sfumature fredde di grigio e azzurro, talvolta animato da figure o edifici. Un'altra reminescenza di Scarsellino è il cielo percorso dalle nuvole sulla sinistra con pochi raggi restanti di luce del sole all'orizzonte, che rischiarano le figure di Guercino dalla sinistra verso il primo piano. Scarsellino era inoltre noto per i suoi nudi femminili. Ne sono un buon esempio le sue Bagnanti intorno al 1600 al Minneapolis Institute of Arts: donne nude dalle fattezze snelle si muovono con gesti graziosi durante il bagno e mentre si asciugano sulla riva: alcune portano i capelli intrecciati sul capo, decorati di perle e nastrini (8). Le figure femminili nei dipinti di Scarsellino, soprattutto le Bagnanti, ad esempio la seconda figura da sinistra vista di spalle, che gira il capo leggermente sul lato, sono un pendant della Venere di Guercino con la sua magnifica capigliatura. La resa empatica ma senza compromessi del corpo nudo della Venere in Guercino è tuttavia molto più moderna dei nudi femminili idealizzati e un po' monotoni del più anziano pittore.

La storia di Adone, bellissimo giovincello cacciatore ucciso tragicamente da un cinghiale, appassionò i ceti colti italiani nel primo quarto del Seicento. Questo interesse culminò nel poema del Cavaliere Giovanni Battista Marino Adone, pubblicato a Parigi nel 1623 e dedicato alla mecenate del poeta, Maria de’ Medici. Uno dei tanti temi connessi in questo testo complesso era l'amore che i cani di Adone nutrivano per il loro temerario e avventuroso padrone (e non soltanto l'amore di Adone per i suoi cani). L'idea di presentare il cordoglio di questi animali per la morte del loro padrone e quindi il loro affetto per lui, viene anticipata nel quadro di Guercino con grande umorismo nella scena a sinistra in cui i due putti consolano il levriero di Adone, mentre Venere e due altri putti al centro compiangono Adone.

Se la Morte di Adone del Guercino rispecchia la popolarità di questo soggetto ai primi del Seicento, la struttura del dipinto rivela la conoscenza di due raffigurazioni precedenti sul tema, entrambe di pittori bolognesi, che a quell'epoca dovevano essere universalmente note. La prima è l'affresco del Domenichino (1581–1641), eseguito nel 1603/04 per la loggia del giardino del Palazzo Farnese a Roma, oggi a Palazzo Farnese (9). L'alano al centro dell'affresco di Domenichino, seduto accanto alle spoglie del padrone, che guarda in alto spaventato dall'accorrere di Venere, anticipa il cane da caccia nel quadro di Guercino, soltanto che questo lascia pendere sconsolato la testa (10). L'iconografia del Domenichino per le spoglie di Adone, collocate nel medio primo piano con la testa reclinata in basso, la faccia in forte deformazione prospettica e la ferita sul fianco quasi all'identico posto, presenta affinità con la resa guerciniana della figura, soltanto che questa ci appare in controparte.

La seconda iconografia di questo soggetto, molto probabilmente solo di pochi anni successiva alla prima trasposizione del Domenichino, è un dipinto oggi perduto dell'Albani (1578–1661), di cui abbiamo un'impressione grazie ad un disegno a penna sfumato nel British Museum (tav. 1)(11). Il disegno, collocato in passato nel periodo tardo del maestro, risale invece piuttosto al suo periodo romano (1601–1617) come deporrebbero le affinità stilistiche con i disegni del periodo tardo del suo maestro di un tempo, Annibale Carracci (1560–1609) . Nella struttura del quadro, nel rapporto fra le figure e nello sfondo paesistico la disposizione della scena in Albani riecheggia in un certo qual modo il quadro di Guercino: la Venere nuda di Albani è la protagonista della scena in maniera assai analoga; il cherubino in cordoglio al centro del quadro, che in gesto di lutto spalanca le braccia, ricorda quello al centro del dipinto di Guercino che si piega in avanti sulle spoglie di Adone; e l'albero sulla sinistra che chiude la composizione, si trova più o meno allo stesso punto in cui c'era l'albero che Guercino ha poi ricoperto sotto il cielo.

La Morte di Adone del Guercinoè l'ultima composizione nella triade delle iconografie eseguite dai tre maestri bolognesi della stessa generazione che si era tutti formati alla scuola del Carracci. Nel dipinto finale, quello del Guercino, una nota più leggera, più bucolica, prende il posto della maniera invece più ortodossa in cui gli altri due pittori avevano trattato il soggetto. Il fatto che Guercino, agli inizi della sua carriera, già fosse al corrente degli sviluppi contemporanei della pittura bolognese e romana, non dovrebbe sorprenderci, come del resto l'ampia diffusione delle importanti invenzioni pittoriche di altri artisti dell'epoca. Ad appena 21 anni di età, Guercino conosceva a quanto pare gli sviluppi artistici della vicina Bologna. Intorno al 1610, dopo aver seguito il suo primo apprendistato a Cento con Benedetto Gennari il Vecchio , si trasferì a Bologna dove si formò presso Giovanni Battista Cremonini e soggiornò per qualche tempo (12). Durante quel periodo si familiarizzò con le opere di Ludovico Carracci, il cui stile avrebbe influenzato la sua prima pittura. Quando fece ritorno a Cento (al più tardi nel 1612, se non prima), visitò più volte Bologna, che era distante appena 33 chilometri, e forse vi conobbe personalmente persino il Domenichino, quando questi soggiornava nella città (13).

Il committente della Morte di Adone del Guercino resta sconosciuto, poiché l'opera fu eseguita circa 15 anni prima che l'artista cominciasse a compilare il suo libro dei conti (14) A prima vista pare che le due spighe d'orzo sul bordo destro del quadro, dietro la coppia di cherubini che consolano il levriero di Adone, siano attributi araldici. Ma considerando la compresenza dell'uva e delle copiose arance, si direbbe che si tratti piuttosto di simboli della nuova fertilità della terra provocata dal versamento del sangue di Adone (15). Una possibile allusione al committente è l'insolita razza di colombe che tirano la carrozza di Venere. Rivolte l'una verso l'altra nell'atto di tubare e incuranti del cordoglio della loro padrona, aggiungono una nota umoristica al tragico spettacolo, ricordando inoltre che l'amore è immortale. Le zampe vistosamente piene di piume del maschio, sono caratteristiche della colomba bianca uzbeca, una razza diffusa in Uzbekistan, Armenia e Russia, i cui esemplari dovevano di conseguenza essere alquanto rari nell'Italia del Seicento (16). Il committente di Guercino o il pittore stesso ne devono aver conosciuta quantomeno una coppia.

Lo straordinario talento pittorico del Guercino fu evidente già agli inizi della sua carriera artistica, e a quanto pare fu riconosciuto già vita natural durante, soprattutto dal suo primo mecenate, padre della Mirandola. Nella riscoperta Morte di Adone si manifesta l'intero ventaglio del suo strabiliante talento nell'attenta osservazione dei gesti umani, nella grande varietà di inventiva artistica e nel virtuosismo pittorico. Considerata l'assoluta rarità di quadri del primo periodo dell'artista, questo dipinto è di incommensurabile importanza. Ci mostra non soltanto la grande competenza tecnica che Guercino possedeva già da giovane, ma anche la sua raffinata inventiva. E infine si tratta anche di una coraggiosa testimonianza: a Cento, comune rurale all'ombra di Bologna, Guercino era pronto ad accettare la sfida dei migliori artisti della sua epoca, oltretutto nella pittura di storie, il più ambizioso di tutti i generi pittorici, in cui riuscì a stupire la concorrenza con il suo stile pittorico brillante e con la sua versatilità di narratore.

Quasi 35 anni dopo aver dipinto quest'opera, Guercino ritornò ad una composizione sullo stesso soggetto dedicandovisi per la seconda ed ultima volta nel corso della sua lunga carriera. Si tratta del grande dipinto commissionato dal cardinale Mazzarino nel 1646 , un tempo nella Staatliche Gemäldegalerie idi Dresda, che andò distrutto durante la Seconda Guerra mondiale (tav. 2) (vedi L. Salerno, I Dipinti del Guercino, 1988, pag. 311, n. 237, tav. ).
Di quest'opera si conserva soltanto un'incisione di Tommaso Piroli (1752–1824), attivo a Parigi ai primi dell'Ottocento, che egli eseguì in base ad un disegno del Guercino oggi a quanto pare perduto (tav. 3). Il disegno anticipa tutta una serie di motivi del quadro del cardinale Mazzarino: il corpo di Venere girato a metà verso sinistra, che accorre verso Adone morto e nel suo smodato cordoglio spalanca le braccia; i tronchi d'albero che percorrono tutto il dipinto, e che svettano verso il cielo sull'altopiano roccioso sullo sfondo a sinistra; e l'amorino nudo a sinistra nel quadro, che nel disegno oggi perduto tira con forza un ramo spezzato, e che nel quadro distrutto di Dresda tirava per l'orecchio il cinghiale che ha ucciso Adone.
Il disegno immortalato dall'incisione di Piroli contiene però altrettante idee della prima Morte di Adone guerciniana e quindi anche anticipazioni del dipinto perduto di Dresda. Ci riferiamo soprattutto alle misure limitate delle figure, rispetto allo spazio pittorico generale, e all'inusitato numero di cherubini, le cui azioni a latere della scena centrale, ossia Venere che ritrova l"amante morto, ne sottolineano la drammaticità in vari aspetti. Questa “svolta” quasi giocosa impressa qui al tema iconografico mitologico in primo luogo tragico, è una reminescenza del riferimento di Guercino al dipinto mitologico di Albani; e in realtà fu il dipinto oggi perduto di Albani che tanti anni prima aveva ispirato così profondamente il giovane Guercino. Fra i molti dettagli che Guercino riprese dal suo quadro giovanile ed elaborò nel dipinto oggi perduto e presente nell'incisione di Piroli c'è il corpo senza vita di Adone, che giace al centro del primo piano sulla linea centrale della composizione e quasi parallelamente ad essa, con la testa rivolta verso destra e i piedi verso sinistra: il coinvolgimento della carrozza di Venere (poi omessa nel quadro di Dresda) é sul dipinto giovanile la carrozza a due ruote che è stata trainata dalle due colombe che tubano, sosta a terra sulla sinistra, mentre nel quadro destinato al cardinale Mazzarino si tratta di una coppia di cigni che tira la carrozza volante a quattro ruote; e infine ci sono le numerose analogie nella postura e nell'espressione dei cherubini addolorati che assistono alla scena in entrambe le composizioni. Guercino si confrontava più di altri pittori della sua epoca con i suoi quadri del passato quando era alla ricerca di idee per nuove iconografie. Il mutamento della postura di un personaggio che già aveva utilizzato in precedenza lo aiutava a risparmiare tempo nell'esecuzione di un incarico. Senza problemi ricordava a memoria le figure dipinte in quadri precedenti, anche se erano ormai trascorsi alcuni decenni, ricorrendo inoltre alle centinaia di disegni preparatori che aveva realizzato nel corso del tempo e che conservava meticolosamente proprio per simili evenienze. Quando cercava questi riferimenti nella sua propria opera, egli cercava spesso di celare il più possibile che si trattava di citazioni di opere precedenti, raffigurando per esempio la figura o le figure in controparte, cambiandone il sesso o variandone gli abiti. Sia le affinità che le variazioni fra il dipinto giovanile in esame con la Morte di Adone e il disegno del Guercino tramandato dall'incisione di Piroli depongono a mio parere a favore della presenza dell'inventiva guerciniana in entrambe le composizioni.

(1)Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen: inv. n. 2009, olio su tela, cm 36,5 x 53,5 cm (ultima pubblicazione: S. Loire, Nature et ideal. Le paysage à Rome, 1600–1650, catalogo della mostra , Grand Palais, Galeries nationales, Parigi, marzo-giugno 2011, pp. 142/43, n. 31, con un testo in catalogo di Sylvia Ginzburg).

(2)Un nudo ancora più drastico per il suo realismo che potrebbe essere ancora più simile alla Venere del dipinto in esame di ritrova nel bozzetto a sanguigna per il quadro di Rotterdam nella Royal Library, Windsor Castle (inv. n. 2353, 224 x 193 mm; D. Mahon e N. Turner, The Drawings of Guercino in the Collection of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, Cambridge 1989, pag. 4, n. 7). Altre caratteristiche della Venere di Guercino del dipinto in esame – in particolare il corpo muscoloso e i capelli intrecciati, adorni di perle, ritornano nel successivo affresco di una Venere e Cupido del 1615–1617 a casa Panini a Cento , dove la donna giace a terra sul fianco per allattare il bambino (L. Salerno, I dipinti del Guercino, Roma 1988, pag. 107, al n. 24).

(3) C. C. Malvasia, Felsina Pittrice, Bologna (edizione 1841), II, pag. 258. Guercino ricevette l'importante incarico, grazie all'intermediazione di Padre Mirandola, da Don Biagio Bagni, futuro generale de’ Canonici Regolari.

(4) Una fotografia della copia a Bridgewater House dal quadro di Ognissanti di Guercino è riprodotta in Salerno 1988, pag. 84, n. 3 . Vi si ritrovano anche gli studi compositivi di Guercino al Louvre. A giudicare dall'illustrazione, le fattezze tirate dei volti dei santi nel coro celeste della pala d'altare oggi perduta ricordano il modellato lineare della maschera mortuaria di Adone. Altre affinità stilistiche si ritrovano forse nel panneggio del dipinto con San Carlo Borromeo orante nella Collegiata di S. Biagio a Cento (Salerno 1988, pag. 85, n. 4) , databile al 1613 o 1614.

(5)Sugli affreschi di casa Panini si veda P. Bagni, Guercino a Cento, le decorazioni di Casa Panini, Bologna 1984, passim, e Salerno 1988, pp. 102–107, n. 24.

(6) Molte di questi adeguamenti successivi all'interno della composizione si riconoscono alla riflettografia ai raggi infrarossi.

(7)Un eccellente esempio si ritrova nel limone sull'Allegoria con Pan di Dosso Dossi al J. Paul Getty Museum, Los Angeles, già nella collezione del duca di Northampton a Castle Ashby, Northants (inv. n. 83. PA. 15, olio su tela, cm 163,8 x 145,4 cm; P. Humfrey e M. Lucco, Dosso Dossi, Court Painter in Renaissance Ferrara, catalogo della mostra , Metropolitan Museum of Art, New York 1998, pp. 203–209, n. 38.

(8) M. A. Novelli, Scarsellino, Milano 2008, pag. 307, cat. n. 102, tav. pp. 130/31.

(9) R. Spear, Domenichino, New Haven e Londra, 1982 (2 volumi), pp. 132/33, n. 10.iii, tavola 13

(10) Il cane del primo dipinto di Guercino appartiene alla stessa razza dell'alano del conte Aldovrandi nel celebre ritratto di cane del Guercino al Norton Simon Museum of Art, Pasadena, che dipinse intorno al 1625 (Salerno 1988, pag. 186, n. 104). Denis Mahon ha scoperto che il collare rosso con le stelle dorate che porta l'alano nel quadro del Norton Simon Museum, corrisponde all'arme della famiglia Aldovrandi. Anche il cane del nostro dipinto porta a quanto pare un panno rosso al collo, che però non reca decorazione.

(11) Londra, British Museum: inv. n. 1895-9-15-697, inchiostro sfumato in marrone, mm 189 x 265 . In merito alla recente discussione su questo disegno si veda A. Weston-Lewis, Francesco Albani ‚disegnatore’: some Additions and Clarifications, in: Master Drawings, XLIV, n. 3, 2006, pp. 317–319, tav. vedi anche S. Loire, catalogo della mostra , 2011, pag. 244, n. 100 (testo di S. Loire). Circa trent'anni dopo o anche più tardi Guercino tornò alla composizione di Albani e utilizzò la postura della Venere, che tiene in alto le due mani, spaventata e incredula, per la sua Venere nella Morte di Adone commissionata nel 1646 dal cardinale Mazzarino, già nella Staatlichen Gemäldegalerie Dresda (Salerno 1988, pag. 311, n. 237). Anche la collocazione nel corpo senza vita di Adone nel dipinto tardo del Guercino è in parte mutuata dalla composizione dell'Albani ma allo stesso tempo si tratta di una rivisitazione in controparte di una sua figura di gran lunga anteriore sul dipinto in esame.

(12) Malvasia 1841, II, pag. 279: Ghelfi 1997, pag. 19 e sgg.

(13) Domenichino e Albani, che avevano entrambi lavorato a Roma nella bottega di Annibale Carracci, rimasero amici per tutta la vita. Forse Domenichino nel 1612 portò con sé a Bologna alcuni disegni dei due dipinti. I due intrattennero una corrispondenza epistolare anche in seguito, quando Domenichino nel 1631 se ne andò a Napoli.

(14) Interessanti approfondimenti sul libro dei conti di Guercino si ritrovano in: Ghelfi 1997, pp. 17–51. Guercino aveva 38 anni quando lo iniziò.

(15) Ringrazio Niccolò Orsini di questo rimando. La cosa interessante è che il San Pancrazio sulla pala d'altare guerciniana Madonna col Bambino in gloria e San Pancrazio e una santa suora (Santa Chiara), eseguito nel 1615 per la parrocchia di S. Sebastiano a Renazzo di Cento, regge nella mano sinistra tre spighe d'orzo. Il sangue della santa martirizzata ebbe a quanto pare lo stesso effetto sulla terra quando la sua vita si spense (Salerno 1988, pp. 92/93).

(16)Un simile committente potrebbe essere il conte Filippo Aldovrandi di Bologna, che era legato da amicizia al Guercino e che possedeva una residenza di campagna presso Cento, Villa Giovannini. Il conte commissionò al Guercino intorno al 1625 un quadro del suo alano preferito, dipinto al quale fanno riferimento la nota 10 e 12,. Nel 1642, quando Cento fu minacciata dalle lotte tra i Farnese e Papa Urbano VIII, il conte invitò Guercino a casa propria a Bologna, dove egli rimase fino a dopo la morte di Guido Reni. Ulisse Aldovrandi (1522–1605), suo antenato, fu un importante scienziato e primo professore all'Università di scienze naturali di Bologna.

Sulla base di una fotografia David Stone non accetta l’attribuzione a Guercino.

foto aggiuntive
Francesco Albani, Death of Adonis, pen and brown wash, 189 x 265 mm, London, British Museum, inv. 1895-9-15-697
Giovan Francesco Barbieri, called il Guercino, Death of Adonis, formerly Dresden, Staatliche Gemäldegalerie
Tommaso Piroli (1752–1824), Death of Adonis, engraving after Guercino
Infrared reflectograph

15.10.2013 - 18:00

Stima:
EUR 300.000,- a EUR 500.000,-

Giovanni Francesco Barbieri, Il Guercino


(Cento 1591–1666 Bologna)
La morte di Adone,
olio su tela, cm 68,5 x 105,5, con cornice

Siamo grati a Nicholas Turner che ha proposto l'attribuzione dopo aver esaminato dal vivo il dipinto in esame. Egli ritiene la ritrovata Morte di Adone sia un'opera del giovane Guercino, e sia pertanto la più importante riscoperta degli ultimi anni sul primo periodo del pittore, di cui si è conservato un numero relativamente scarno di disegni e quadri.

Ringraziamo inoltre Erich Schleier per aver confermato l'autografia, dopo aver esaminato il dipinto originale. Schleier concorda con Turner in merito alla datazione al 1613–1615, e ritiene che si tratti di un capolavoro del primo periodo del pittore.

Della produzione di Guercino precedente al 1612, anno in cui fu “scoperto” da padre Antonio Mirandola, canonico di San Salvatore in Bologna e futuro presidente del monastero dello Spirito Santo a Cento, si sa assai poco. Stilisticamente il dipinto in esame è databile intorno al 1613–1615. Potrebbe trattarsi del primo “quadro di galleria” di contenuto mitologico del Guercino, di tre anni precedente, quindi, al dipinto generalmente datato al 1618 con le Bagnanti (Diana e Atteone?) al Museo Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, che spesso viene piuttosto annoverato alla categoria dei paesaggi che non a quella dei “quadri di storie”. (1) La Morte di Adone riveste quindi grande interesse per l'ampliamento delle nostre conoscenze sul primo Guercino. Nonostante le differenze nel formato e nella datazione fra il dipinto in esame e quello di Rotterdam, esiste tutta una serie di affinità. Una di esse è la semplicità disarmante nella resa del paesaggio e della compresenza di uomini ed animali nella natura. Una seconda consiste nella presenza di un nudo femminile di spalle in primo piano, che attira lo sguardo: nell'un quadro è Venere, nell'altro una ninfa di Diana. La corporeità delle due donne fa pensare piuttosto ad una paesana di Cento che godeva di buona salute che non ad una qualsiasi statua di marmo di una figura femminile idealizzata. (2)
Depongono a favore di una datazione del dipinto al primo periodo anche svariate analogie formali con la prima pala d'altare del Guercino, il Trionfo dei santi eseguita nel 1613 per la chiesa di Santo Spirito a Cento. (3) Il quadro è oggi perduto ma lo conosciamo in base ad una copia dipinta un tempo al Bridgewater House, Londra, ma oggi nota soltanto in base a fotografie e grazie ai bozzetti autografi del Guercino al Louvre. (4)
Il profilo perduto della Venere nella Morte di Adone viene anticipato dalla Madonna nella pala d'altare di Cento oggi perduta: è inginocchiata con la testa china in avanti al cospetto di Cristo, che la presenta alla comunità genuflessa dei santi. Il fatto che dietro il corpo sensuale della Venere si trovi un panno bianco che forma un ghirigoro ad arabesco e di cui ella si serve per asciugarsi le lacrime, trova una corrispondenza nel panneggio di Cristo, dagli stravaganti svolazzi che dietro di lui pare esser agitato da un colpo si vento divino. Un esempio particolarmente opportuno delle analogie nello stile sono forse anche il volto e la chioma del putto dai capelli rossi che singhiozza e si preme sul viso l e mani con le dita intrecciate per trattenere le lacrime.

In proporzione rispetto allo spazio pittorico complessivo le figure nella Morte di Adone sono di piccolo formato, il che viene ulteriormente sottolineato dagli altri personaggi della narrazione, anch'essi di grandezza limitata – i quattro cherubini accompagnanti, i due cani di Adone e le due colombe bianche che hanno accompagnato la loro padrona in carrozza sul luogo della tragedia. Questa piccolezza delle figure è caratteristica di quel periodo del Guercino. In molte delle sue primissime composizioni gli attori sono volutamente resi in piccolo formato, per sottolineare la suggestiva ampiezza del paesaggio circostante , come ad esempio negli affreschi guerciniani della Casa Panini (1615–1517)(5). La Venere, che nel nostro dipinto ha il ruolo di protagonista, non determina ancora la composizione guerciniana alla stessa maniera dei protagonisti di tanti suoi quadri di storie dell'epoca appena successiva.

Nella Morte di Adone di Guercino è già evidente la sua metodologia altamente personale. L'artista era solito cambiare i contorni delle sue figure ed altri elementi durante il lavoro, e questi cambiamenti li ridipingeva in un secondo momento, senza però cancellare mai del tutto la sua prima invenzione. In quadro in esame la modifica più evidente la ritroviamo nel corpo di Venere, che dapprima era previsto più a destra e fu poi spinto verso la sinistra. (6) Le tracce della posizione originaria di Venere sono in gran parte ridipinte, ma traspaiono attraverso lo strato di colore che fu steso per ricoprirle (e con il tempo questo effetto è divenuto ancora più evidente). Al nuovo posto di Venere nel quadro Guercino ha anche adeguato in maniera impercettibile le sue membra, come tradiscono le correzioni sapientemente celate e la differenza nella stesura del colore nella zona dei contorni. L'abitudine del Guercino di procedere ad ampi pentimenti durante la lavorazione, lo avrebbe accompagnato durante tutta la sua produzione, soprattutto nei suoi disegni.

Nella Morte di Adone di Guercino predominano le influenze ferraresi forse ancor più dell'elegante stile figurativo di Ludovico Carracci (1555–1619), con la cui opera il giovane pittore era entrato in contatto agli agli inizi della sua carriera artistica. Gli accenni all'ascendente della scuola ferrarese locale sulla pittura di Guercino sono determinati dettagli paesistici e la scelta cromatica – le tonalità sature di verde e azzurro prevalgono nettamente rispetto ai pochi brani in rosso caldo e nelle sfumature color terra. Un simile elemento scenografico è l'arancio pieno di frutti lucenti nella metà destra del quadro, che ricorda simili alberi da agrumi nelle opere di Dosso Dossi, il maggior maestro rinascimentale della città (intorno al 1492?–1547)(7). Ricorda Dossi anche la struttura della composizione di Guercino: l'arancio svetta sopra il gruppo del cordoglio e suddivide la spazio pittorico in due metà disuguali. Al di sotto del cielo sulla sinistra si riconoscono altri pentimenti in un altro albero dal'alto fusto, che a quanto pare sembrò superfluo al Guercino su questo lato della composizione.

Altri elementi caratteristici nel quadro alludono ad un altro – successivo – maestro ferrarese, più anziano del Guercino ma suo contemporaneo, Ippolito Scarsellino (1551–1620): ad esempio la resa del paesaggio soprattutto sullo sfondo a sinistra, dove dalla pianura si alzano le montagne in lontananza. Questo brano viene dipinto nella maniera dello Scarsellino e dei suoi sfondi paeasistici, con tonalità del verde scuro e sfumature fredde di grigio e azzurro, talvolta animato da figure o edifici. Un'altra reminescenza di Scarsellino è il cielo percorso dalle nuvole sulla sinistra con pochi raggi restanti di luce del sole all'orizzonte, che rischiarano le figure di Guercino dalla sinistra verso il primo piano. Scarsellino era inoltre noto per i suoi nudi femminili. Ne sono un buon esempio le sue Bagnanti intorno al 1600 al Minneapolis Institute of Arts: donne nude dalle fattezze snelle si muovono con gesti graziosi durante il bagno e mentre si asciugano sulla riva: alcune portano i capelli intrecciati sul capo, decorati di perle e nastrini (8). Le figure femminili nei dipinti di Scarsellino, soprattutto le Bagnanti, ad esempio la seconda figura da sinistra vista di spalle, che gira il capo leggermente sul lato, sono un pendant della Venere di Guercino con la sua magnifica capigliatura. La resa empatica ma senza compromessi del corpo nudo della Venere in Guercino è tuttavia molto più moderna dei nudi femminili idealizzati e un po' monotoni del più anziano pittore.

La storia di Adone, bellissimo giovincello cacciatore ucciso tragicamente da un cinghiale, appassionò i ceti colti italiani nel primo quarto del Seicento. Questo interesse culminò nel poema del Cavaliere Giovanni Battista Marino Adone, pubblicato a Parigi nel 1623 e dedicato alla mecenate del poeta, Maria de’ Medici. Uno dei tanti temi connessi in questo testo complesso era l'amore che i cani di Adone nutrivano per il loro temerario e avventuroso padrone (e non soltanto l'amore di Adone per i suoi cani). L'idea di presentare il cordoglio di questi animali per la morte del loro padrone e quindi il loro affetto per lui, viene anticipata nel quadro di Guercino con grande umorismo nella scena a sinistra in cui i due putti consolano il levriero di Adone, mentre Venere e due altri putti al centro compiangono Adone.

Se la Morte di Adone del Guercino rispecchia la popolarità di questo soggetto ai primi del Seicento, la struttura del dipinto rivela la conoscenza di due raffigurazioni precedenti sul tema, entrambe di pittori bolognesi, che a quell'epoca dovevano essere universalmente note. La prima è l'affresco del Domenichino (1581–1641), eseguito nel 1603/04 per la loggia del giardino del Palazzo Farnese a Roma, oggi a Palazzo Farnese (9). L'alano al centro dell'affresco di Domenichino, seduto accanto alle spoglie del padrone, che guarda in alto spaventato dall'accorrere di Venere, anticipa il cane da caccia nel quadro di Guercino, soltanto che questo lascia pendere sconsolato la testa (10). L'iconografia del Domenichino per le spoglie di Adone, collocate nel medio primo piano con la testa reclinata in basso, la faccia in forte deformazione prospettica e la ferita sul fianco quasi all'identico posto, presenta affinità con la resa guerciniana della figura, soltanto che questa ci appare in controparte.

La seconda iconografia di questo soggetto, molto probabilmente solo di pochi anni successiva alla prima trasposizione del Domenichino, è un dipinto oggi perduto dell'Albani (1578–1661), di cui abbiamo un'impressione grazie ad un disegno a penna sfumato nel British Museum (tav. 1)(11). Il disegno, collocato in passato nel periodo tardo del maestro, risale invece piuttosto al suo periodo romano (1601–1617) come deporrebbero le affinità stilistiche con i disegni del periodo tardo del suo maestro di un tempo, Annibale Carracci (1560–1609) . Nella struttura del quadro, nel rapporto fra le figure e nello sfondo paesistico la disposizione della scena in Albani riecheggia in un certo qual modo il quadro di Guercino: la Venere nuda di Albani è la protagonista della scena in maniera assai analoga; il cherubino in cordoglio al centro del quadro, che in gesto di lutto spalanca le braccia, ricorda quello al centro del dipinto di Guercino che si piega in avanti sulle spoglie di Adone; e l'albero sulla sinistra che chiude la composizione, si trova più o meno allo stesso punto in cui c'era l'albero che Guercino ha poi ricoperto sotto il cielo.

La Morte di Adone del Guercinoè l'ultima composizione nella triade delle iconografie eseguite dai tre maestri bolognesi della stessa generazione che si era tutti formati alla scuola del Carracci. Nel dipinto finale, quello del Guercino, una nota più leggera, più bucolica, prende il posto della maniera invece più ortodossa in cui gli altri due pittori avevano trattato il soggetto. Il fatto che Guercino, agli inizi della sua carriera, già fosse al corrente degli sviluppi contemporanei della pittura bolognese e romana, non dovrebbe sorprenderci, come del resto l'ampia diffusione delle importanti invenzioni pittoriche di altri artisti dell'epoca. Ad appena 21 anni di età, Guercino conosceva a quanto pare gli sviluppi artistici della vicina Bologna. Intorno al 1610, dopo aver seguito il suo primo apprendistato a Cento con Benedetto Gennari il Vecchio , si trasferì a Bologna dove si formò presso Giovanni Battista Cremonini e soggiornò per qualche tempo (12). Durante quel periodo si familiarizzò con le opere di Ludovico Carracci, il cui stile avrebbe influenzato la sua prima pittura. Quando fece ritorno a Cento (al più tardi nel 1612, se non prima), visitò più volte Bologna, che era distante appena 33 chilometri, e forse vi conobbe personalmente persino il Domenichino, quando questi soggiornava nella città (13).

Il committente della Morte di Adone del Guercino resta sconosciuto, poiché l'opera fu eseguita circa 15 anni prima che l'artista cominciasse a compilare il suo libro dei conti (14) A prima vista pare che le due spighe d'orzo sul bordo destro del quadro, dietro la coppia di cherubini che consolano il levriero di Adone, siano attributi araldici. Ma considerando la compresenza dell'uva e delle copiose arance, si direbbe che si tratti piuttosto di simboli della nuova fertilità della terra provocata dal versamento del sangue di Adone (15). Una possibile allusione al committente è l'insolita razza di colombe che tirano la carrozza di Venere. Rivolte l'una verso l'altra nell'atto di tubare e incuranti del cordoglio della loro padrona, aggiungono una nota umoristica al tragico spettacolo, ricordando inoltre che l'amore è immortale. Le zampe vistosamente piene di piume del maschio, sono caratteristiche della colomba bianca uzbeca, una razza diffusa in Uzbekistan, Armenia e Russia, i cui esemplari dovevano di conseguenza essere alquanto rari nell'Italia del Seicento (16). Il committente di Guercino o il pittore stesso ne devono aver conosciuta quantomeno una coppia.

Lo straordinario talento pittorico del Guercino fu evidente già agli inizi della sua carriera artistica, e a quanto pare fu riconosciuto già vita natural durante, soprattutto dal suo primo mecenate, padre della Mirandola. Nella riscoperta Morte di Adone si manifesta l'intero ventaglio del suo strabiliante talento nell'attenta osservazione dei gesti umani, nella grande varietà di inventiva artistica e nel virtuosismo pittorico. Considerata l'assoluta rarità di quadri del primo periodo dell'artista, questo dipinto è di incommensurabile importanza. Ci mostra non soltanto la grande competenza tecnica che Guercino possedeva già da giovane, ma anche la sua raffinata inventiva. E infine si tratta anche di una coraggiosa testimonianza: a Cento, comune rurale all'ombra di Bologna, Guercino era pronto ad accettare la sfida dei migliori artisti della sua epoca, oltretutto nella pittura di storie, il più ambizioso di tutti i generi pittorici, in cui riuscì a stupire la concorrenza con il suo stile pittorico brillante e con la sua versatilità di narratore.

Quasi 35 anni dopo aver dipinto quest'opera, Guercino ritornò ad una composizione sullo stesso soggetto dedicandovisi per la seconda ed ultima volta nel corso della sua lunga carriera. Si tratta del grande dipinto commissionato dal cardinale Mazzarino nel 1646 , un tempo nella Staatliche Gemäldegalerie idi Dresda, che andò distrutto durante la Seconda Guerra mondiale (tav. 2) (vedi L. Salerno, I Dipinti del Guercino, 1988, pag. 311, n. 237, tav. ).
Di quest'opera si conserva soltanto un'incisione di Tommaso Piroli (1752–1824), attivo a Parigi ai primi dell'Ottocento, che egli eseguì in base ad un disegno del Guercino oggi a quanto pare perduto (tav. 3). Il disegno anticipa tutta una serie di motivi del quadro del cardinale Mazzarino: il corpo di Venere girato a metà verso sinistra, che accorre verso Adone morto e nel suo smodato cordoglio spalanca le braccia; i tronchi d'albero che percorrono tutto il dipinto, e che svettano verso il cielo sull'altopiano roccioso sullo sfondo a sinistra; e l'amorino nudo a sinistra nel quadro, che nel disegno oggi perduto tira con forza un ramo spezzato, e che nel quadro distrutto di Dresda tirava per l'orecchio il cinghiale che ha ucciso Adone.
Il disegno immortalato dall'incisione di Piroli contiene però altrettante idee della prima Morte di Adone guerciniana e quindi anche anticipazioni del dipinto perduto di Dresda. Ci riferiamo soprattutto alle misure limitate delle figure, rispetto allo spazio pittorico generale, e all'inusitato numero di cherubini, le cui azioni a latere della scena centrale, ossia Venere che ritrova l"amante morto, ne sottolineano la drammaticità in vari aspetti. Questa “svolta” quasi giocosa impressa qui al tema iconografico mitologico in primo luogo tragico, è una reminescenza del riferimento di Guercino al dipinto mitologico di Albani; e in realtà fu il dipinto oggi perduto di Albani che tanti anni prima aveva ispirato così profondamente il giovane Guercino. Fra i molti dettagli che Guercino riprese dal suo quadro giovanile ed elaborò nel dipinto oggi perduto e presente nell'incisione di Piroli c'è il corpo senza vita di Adone, che giace al centro del primo piano sulla linea centrale della composizione e quasi parallelamente ad essa, con la testa rivolta verso destra e i piedi verso sinistra: il coinvolgimento della carrozza di Venere (poi omessa nel quadro di Dresda) é sul dipinto giovanile la carrozza a due ruote che è stata trainata dalle due colombe che tubano, sosta a terra sulla sinistra, mentre nel quadro destinato al cardinale Mazzarino si tratta di una coppia di cigni che tira la carrozza volante a quattro ruote; e infine ci sono le numerose analogie nella postura e nell'espressione dei cherubini addolorati che assistono alla scena in entrambe le composizioni. Guercino si confrontava più di altri pittori della sua epoca con i suoi quadri del passato quando era alla ricerca di idee per nuove iconografie. Il mutamento della postura di un personaggio che già aveva utilizzato in precedenza lo aiutava a risparmiare tempo nell'esecuzione di un incarico. Senza problemi ricordava a memoria le figure dipinte in quadri precedenti, anche se erano ormai trascorsi alcuni decenni, ricorrendo inoltre alle centinaia di disegni preparatori che aveva realizzato nel corso del tempo e che conservava meticolosamente proprio per simili evenienze. Quando cercava questi riferimenti nella sua propria opera, egli cercava spesso di celare il più possibile che si trattava di citazioni di opere precedenti, raffigurando per esempio la figura o le figure in controparte, cambiandone il sesso o variandone gli abiti. Sia le affinità che le variazioni fra il dipinto giovanile in esame con la Morte di Adone e il disegno del Guercino tramandato dall'incisione di Piroli depongono a mio parere a favore della presenza dell'inventiva guerciniana in entrambe le composizioni.

(1)Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen: inv. n. 2009, olio su tela, cm 36,5 x 53,5 cm (ultima pubblicazione: S. Loire, Nature et ideal. Le paysage à Rome, 1600–1650, catalogo della mostra , Grand Palais, Galeries nationales, Parigi, marzo-giugno 2011, pp. 142/43, n. 31, con un testo in catalogo di Sylvia Ginzburg).

(2)Un nudo ancora più drastico per il suo realismo che potrebbe essere ancora più simile alla Venere del dipinto in esame di ritrova nel bozzetto a sanguigna per il quadro di Rotterdam nella Royal Library, Windsor Castle (inv. n. 2353, 224 x 193 mm; D. Mahon e N. Turner, The Drawings of Guercino in the Collection of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, Cambridge 1989, pag. 4, n. 7). Altre caratteristiche della Venere di Guercino del dipinto in esame – in particolare il corpo muscoloso e i capelli intrecciati, adorni di perle, ritornano nel successivo affresco di una Venere e Cupido del 1615–1617 a casa Panini a Cento , dove la donna giace a terra sul fianco per allattare il bambino (L. Salerno, I dipinti del Guercino, Roma 1988, pag. 107, al n. 24).

(3) C. C. Malvasia, Felsina Pittrice, Bologna (edizione 1841), II, pag. 258. Guercino ricevette l'importante incarico, grazie all'intermediazione di Padre Mirandola, da Don Biagio Bagni, futuro generale de’ Canonici Regolari.

(4) Una fotografia della copia a Bridgewater House dal quadro di Ognissanti di Guercino è riprodotta in Salerno 1988, pag. 84, n. 3 . Vi si ritrovano anche gli studi compositivi di Guercino al Louvre. A giudicare dall'illustrazione, le fattezze tirate dei volti dei santi nel coro celeste della pala d'altare oggi perduta ricordano il modellato lineare della maschera mortuaria di Adone. Altre affinità stilistiche si ritrovano forse nel panneggio del dipinto con San Carlo Borromeo orante nella Collegiata di S. Biagio a Cento (Salerno 1988, pag. 85, n. 4) , databile al 1613 o 1614.

(5)Sugli affreschi di casa Panini si veda P. Bagni, Guercino a Cento, le decorazioni di Casa Panini, Bologna 1984, passim, e Salerno 1988, pp. 102–107, n. 24.

(6) Molte di questi adeguamenti successivi all'interno della composizione si riconoscono alla riflettografia ai raggi infrarossi.

(7)Un eccellente esempio si ritrova nel limone sull'Allegoria con Pan di Dosso Dossi al J. Paul Getty Museum, Los Angeles, già nella collezione del duca di Northampton a Castle Ashby, Northants (inv. n. 83. PA. 15, olio su tela, cm 163,8 x 145,4 cm; P. Humfrey e M. Lucco, Dosso Dossi, Court Painter in Renaissance Ferrara, catalogo della mostra , Metropolitan Museum of Art, New York 1998, pp. 203–209, n. 38.

(8) M. A. Novelli, Scarsellino, Milano 2008, pag. 307, cat. n. 102, tav. pp. 130/31.

(9) R. Spear, Domenichino, New Haven e Londra, 1982 (2 volumi), pp. 132/33, n. 10.iii, tavola 13

(10) Il cane del primo dipinto di Guercino appartiene alla stessa razza dell'alano del conte Aldovrandi nel celebre ritratto di cane del Guercino al Norton Simon Museum of Art, Pasadena, che dipinse intorno al 1625 (Salerno 1988, pag. 186, n. 104). Denis Mahon ha scoperto che il collare rosso con le stelle dorate che porta l'alano nel quadro del Norton Simon Museum, corrisponde all'arme della famiglia Aldovrandi. Anche il cane del nostro dipinto porta a quanto pare un panno rosso al collo, che però non reca decorazione.

(11) Londra, British Museum: inv. n. 1895-9-15-697, inchiostro sfumato in marrone, mm 189 x 265 . In merito alla recente discussione su questo disegno si veda A. Weston-Lewis, Francesco Albani ‚disegnatore’: some Additions and Clarifications, in: Master Drawings, XLIV, n. 3, 2006, pp. 317–319, tav. vedi anche S. Loire, catalogo della mostra , 2011, pag. 244, n. 100 (testo di S. Loire). Circa trent'anni dopo o anche più tardi Guercino tornò alla composizione di Albani e utilizzò la postura della Venere, che tiene in alto le due mani, spaventata e incredula, per la sua Venere nella Morte di Adone commissionata nel 1646 dal cardinale Mazzarino, già nella Staatlichen Gemäldegalerie Dresda (Salerno 1988, pag. 311, n. 237). Anche la collocazione nel corpo senza vita di Adone nel dipinto tardo del Guercino è in parte mutuata dalla composizione dell'Albani ma allo stesso tempo si tratta di una rivisitazione in controparte di una sua figura di gran lunga anteriore sul dipinto in esame.

(12) Malvasia 1841, II, pag. 279: Ghelfi 1997, pag. 19 e sgg.

(13) Domenichino e Albani, che avevano entrambi lavorato a Roma nella bottega di Annibale Carracci, rimasero amici per tutta la vita. Forse Domenichino nel 1612 portò con sé a Bologna alcuni disegni dei due dipinti. I due intrattennero una corrispondenza epistolare anche in seguito, quando Domenichino nel 1631 se ne andò a Napoli.

(14) Interessanti approfondimenti sul libro dei conti di Guercino si ritrovano in: Ghelfi 1997, pp. 17–51. Guercino aveva 38 anni quando lo iniziò.

(15) Ringrazio Niccolò Orsini di questo rimando. La cosa interessante è che il San Pancrazio sulla pala d'altare guerciniana Madonna col Bambino in gloria e San Pancrazio e una santa suora (Santa Chiara), eseguito nel 1615 per la parrocchia di S. Sebastiano a Renazzo di Cento, regge nella mano sinistra tre spighe d'orzo. Il sangue della santa martirizzata ebbe a quanto pare lo stesso effetto sulla terra quando la sua vita si spense (Salerno 1988, pp. 92/93).

(16)Un simile committente potrebbe essere il conte Filippo Aldovrandi di Bologna, che era legato da amicizia al Guercino e che possedeva una residenza di campagna presso Cento, Villa Giovannini. Il conte commissionò al Guercino intorno al 1625 un quadro del suo alano preferito, dipinto al quale fanno riferimento la nota 10 e 12,. Nel 1642, quando Cento fu minacciata dalle lotte tra i Farnese e Papa Urbano VIII, il conte invitò Guercino a casa propria a Bologna, dove egli rimase fino a dopo la morte di Guido Reni. Ulisse Aldovrandi (1522–1605), suo antenato, fu un importante scienziato e primo professore all'Università di scienze naturali di Bologna.

Sulla base di una fotografia David Stone non accetta l’attribuzione a Guercino.

foto aggiuntive
Francesco Albani, Death of Adonis, pen and brown wash, 189 x 265 mm, London, British Museum, inv. 1895-9-15-697
Giovan Francesco Barbieri, called il Guercino, Death of Adonis, formerly Dresden, Staatliche Gemäldegalerie
Tommaso Piroli (1752–1824), Death of Adonis, engraving after Guercino
Infrared reflectograph


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Asta: Dipinti antichi
Tipo d'asta: Asta in sala
Data: 15.10.2013 - 18:00
Luogo dell'asta: Vienna | Palais Dorotheum
Esposizione: 05.10. - 15.10.2013

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