Lotto No. 551


Salvator Rosa


Salvator Rosa - Dipinti antichi

(Napoli 1615 – 1673 Roma)
Paesaggio roccioso con San Girolamo penitente,
olio su tela, cm 121 x 167, con cornice

Provenienza:
collezione Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli (1751–1825), Napoli;
Henri Eugène Philippe Louis d’Orléans, duca di Aumale (16 gennaio 1822 – 7 maggio 1897), quinto figlio di re Luigi Filippo e di Maria Amalia di Napoli-Sicilia (fino al 1851), Twickenham;
presumibilmente venduto in Inghilterra nel 1857;
collezione privata europea.

Mostre:
Roma, Dipinti, disegni e incisioni di Salvator Rosa raccolti ed esposti da Mario Barsanti in via Margutta, 23 febbraio – 18 marzo 1957, n. 8.

Bibliografia:
Gustav Friedrich Waagen, Treasures of Art in Great Britain, Londra 1857, vol. IV, pag. 262;
Dipinti, disegni e incisioni di Salvator Rosa raccolti ed esposti da Mario Barsanti in via Margutta, catalogo della mostra , Roma, 23 febbraio – 18 marzo 1957, n. 8;
L. Salerno, Salvator Rosa, l’opera completa, Milano 1975, n. 135.

Siamo grati alla professoressa Caterina Volpi, che ha confermato l'attribuzione del dipinto in questione dopo averlo esaminato dal vivo (comunicazione scritta).

L’importante paesaggio fluviale con San Girolamo proviene dalla collezione del Duca di Aumale, figlio di Luigi Filippo d’Orleans, principe di Salerno. Alla morte del padre (1851) il duca, esule in Gran Bretagna, ne aveva acquistato l’intera collezione di dipinti per 100.000 ducati, un’impressionante raccolta di centinaia di quadri acquistati nei primi anni dell’Ottocento a Roma da Ferdinando IV re di Napoli (1751-1825). Le opere vennero trasferite in Inghilterra, a Twickenham, nel 1854. Negli anni seguenti il duca scelse di trattenere solo una parte dell’eredità paterna e mise in vendita settanta dipinti nel 1857, lo stesso anno che Gustav Friedrich Waagen, allora direttore dei musei di Berlino, descrisse la collezione nel suo libro (Dr. Gustav Friedrich Waagen, Treasure of Art in Great Britain, London 1857, vol. IV, p. 262). Le opere conservate dal duca pervennero al Museo Condè di Chantilly mentre le altre furono disperse nel mercato. Poiché il San Gerolamo, che con il suo pendant, il Paesaggio con tre figure oggi appartenente alla collezione del Banco di Sicilia, non pervenne al museo francese, è lecito pensare che fosse tra i quadri venduti in Inghilterra nell’Ottocento.

Lo scenografico e maestoso paesaggio fluviale incornicia la piccola silhouette di San Girolamo dipinto, secondo i caratteristici tratti veloci ed espressivi del Rosa, alla stregua di un filosofo in contemplazione del Crocifisso. Solo la figura del santo, nervosa ed eroica al contempo, riconduce alla tipica energia corrosiva del pittore partenopeo, che il paesaggio, sebbene costruito secondo una sintassi costante nel Rosa, mostra una limpida e pacata classicità propria di un periodo molto breve della stagione pittorica di Salvatore.

Almeno a partire dal 1656, anno in cui Rosa consegna i due Paesaggi per i marchesi Guadagni a Firenze (Paesaggio con San Giovanni Battista e Paesaggio con il Battesimo nel Giordano, cfr. L. Salerno, op. cit., nn. 120-121), lo stile dei paesi rappresentati da Salvatore va mutando e facendosi più composto e classico, paragonabile ad opere di Nicolas Poussin e Claude Lorrain per culminare nel grande Paesaggio con Apollo e la Sibilla cumana della Wallace Collection di Londra (L. Salerno, op. cit., n. 128). Da questa data, e per ancora cinque - sei anni, Salvatore sperimenta un classicismo inedito, che coincide con i suoi esordi nella pratica dell’incisione. Il Paesaggio con San Gerolamo si colloca dunque negli ultimi anni del sesto decennio, accanto al Paesaggio con Apollo e la Sibilla Cumana, e costituisce il più sincero omaggio di Salvatore al collega francese Dughet, residente a Roma vicino alla sua abitazione di Trinità dei Monti. I due artisti continueranno poi a guardarsi con curiosità, ancora negli anni Sessanta e Settanta quando il Poussino sarà impegnato nel ciclo di paesi per Palazzo Colonna, ma l’equilibrio solenne delle opere eseguite da entrambi alla metà del secolo andrà via via scomparendo per sparire del tutto risucchiato in una visione più drammatica della natura destinata a larga fortuna nel Settecento.

Formatosi a Napoli, sua città natale, presso la bottega di Aniello Falcone e di Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto, negli anni trenta del Seicento, Salvator Rosa si segnalò fin da giovane per la sua grande maestria nella pittura di paesaggio, qualità che lo fece conoscere a Giovanni Lanfranco e che ne consentì il coinvolgimento nell’impresa del Buen Retiro, negli anni compresi tra il 1635 ed il 1639. Celebre per le sue marine Salvatoriello, che così veniva chiamato tra Napoli e Roma, si trasferì nell’Urbe nel 1639 e da qui venne chiamato a lavorare per gli Este e poi i Medici a Firenze, presso cui si trasferì nel 1640. Gli anni fiorentini, che vanno dal 1640 al 1649, videro il veloce inserimento del Rosa all’interno della corte granducale prima, e poi nel mondo intellettuale e accademico fiorentino e pisano. Salvatore mutò profondamente la natura della sua pittura in questi anni: i paesaggi, che l’artista continuò sempre a produrre nel corso della sua vita, mutano sotto l’esempio di Filippo Napoletano, ma anche della pittura romana di Claude Lorrain e di Agostino Tassi.

Salvatore giunge a piena maturità negli anni Cinquanta, a contatto con la grande stagione barocca romana. In questo periodo si avvicinano a lui importanti committenti e mecenati quali il cardinale milanese Luigi Alessandro Omodei (1608–1685), che chiamò Salvatore insieme a Pier Francesco Mola e a Gaspar Dughet a decorare la propria cappella in Santa Maria della Vittoria a Milano. Per l’altare il Rosa dipinse la pala dell’Annunziata oggi a Parigi (San Tommaso d’Aquino) mentre per uno dei laterali eseguì Sant’Antonio Abate eremita in un paesaggio boschivo (Milano, Pinacoteca Ambrosiana).

Salvator Rosa aveva esordito a Roma con un quadro dal soggetto e dalle forme originalissime come il Democrito in meditazione oggi a Copenaghen (Staatens Museum for Kunst), raffigurante il filosofo greco seduto in un bosco notturno, illuminato solo da una fredda luna. Il bosco selvaggio richiamava, in questo quadro come nel suo pendant, il Diogene (Copenaghen, Staatens Museum for Kunst), il paesaggio della campagna e della montagna toscana, visitato spesso dal Rosa nel corso delle sue visite agli amici pisani e volterrani. Si tratta di un paesaggio inquietante, ricco di memorie storiche e di un’antropologia bizzarra, una scenografia che ricompare in altri dipinti degli anni Cinquanta quali il già citato Sant’Antonio di Brera.

La professoressa Caterina Volpi inserirà il dipinto in esame nel suo catalogo dei dipinti di Salvator Rosa, attualmente in preparazione.

Siamo grati alla professoressa Caterina Volpi per averci aiutato a catalogare l'opera in oggetto.

15.10.2013 - 18:00

Prezzo realizzato: **
EUR 146.700,-
Stima:
EUR 80.000,- a EUR 120.000,-

Salvator Rosa


(Napoli 1615 – 1673 Roma)
Paesaggio roccioso con San Girolamo penitente,
olio su tela, cm 121 x 167, con cornice

Provenienza:
collezione Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli (1751–1825), Napoli;
Henri Eugène Philippe Louis d’Orléans, duca di Aumale (16 gennaio 1822 – 7 maggio 1897), quinto figlio di re Luigi Filippo e di Maria Amalia di Napoli-Sicilia (fino al 1851), Twickenham;
presumibilmente venduto in Inghilterra nel 1857;
collezione privata europea.

Mostre:
Roma, Dipinti, disegni e incisioni di Salvator Rosa raccolti ed esposti da Mario Barsanti in via Margutta, 23 febbraio – 18 marzo 1957, n. 8.

Bibliografia:
Gustav Friedrich Waagen, Treasures of Art in Great Britain, Londra 1857, vol. IV, pag. 262;
Dipinti, disegni e incisioni di Salvator Rosa raccolti ed esposti da Mario Barsanti in via Margutta, catalogo della mostra , Roma, 23 febbraio – 18 marzo 1957, n. 8;
L. Salerno, Salvator Rosa, l’opera completa, Milano 1975, n. 135.

Siamo grati alla professoressa Caterina Volpi, che ha confermato l'attribuzione del dipinto in questione dopo averlo esaminato dal vivo (comunicazione scritta).

L’importante paesaggio fluviale con San Girolamo proviene dalla collezione del Duca di Aumale, figlio di Luigi Filippo d’Orleans, principe di Salerno. Alla morte del padre (1851) il duca, esule in Gran Bretagna, ne aveva acquistato l’intera collezione di dipinti per 100.000 ducati, un’impressionante raccolta di centinaia di quadri acquistati nei primi anni dell’Ottocento a Roma da Ferdinando IV re di Napoli (1751-1825). Le opere vennero trasferite in Inghilterra, a Twickenham, nel 1854. Negli anni seguenti il duca scelse di trattenere solo una parte dell’eredità paterna e mise in vendita settanta dipinti nel 1857, lo stesso anno che Gustav Friedrich Waagen, allora direttore dei musei di Berlino, descrisse la collezione nel suo libro (Dr. Gustav Friedrich Waagen, Treasure of Art in Great Britain, London 1857, vol. IV, p. 262). Le opere conservate dal duca pervennero al Museo Condè di Chantilly mentre le altre furono disperse nel mercato. Poiché il San Gerolamo, che con il suo pendant, il Paesaggio con tre figure oggi appartenente alla collezione del Banco di Sicilia, non pervenne al museo francese, è lecito pensare che fosse tra i quadri venduti in Inghilterra nell’Ottocento.

Lo scenografico e maestoso paesaggio fluviale incornicia la piccola silhouette di San Girolamo dipinto, secondo i caratteristici tratti veloci ed espressivi del Rosa, alla stregua di un filosofo in contemplazione del Crocifisso. Solo la figura del santo, nervosa ed eroica al contempo, riconduce alla tipica energia corrosiva del pittore partenopeo, che il paesaggio, sebbene costruito secondo una sintassi costante nel Rosa, mostra una limpida e pacata classicità propria di un periodo molto breve della stagione pittorica di Salvatore.

Almeno a partire dal 1656, anno in cui Rosa consegna i due Paesaggi per i marchesi Guadagni a Firenze (Paesaggio con San Giovanni Battista e Paesaggio con il Battesimo nel Giordano, cfr. L. Salerno, op. cit., nn. 120-121), lo stile dei paesi rappresentati da Salvatore va mutando e facendosi più composto e classico, paragonabile ad opere di Nicolas Poussin e Claude Lorrain per culminare nel grande Paesaggio con Apollo e la Sibilla cumana della Wallace Collection di Londra (L. Salerno, op. cit., n. 128). Da questa data, e per ancora cinque - sei anni, Salvatore sperimenta un classicismo inedito, che coincide con i suoi esordi nella pratica dell’incisione. Il Paesaggio con San Gerolamo si colloca dunque negli ultimi anni del sesto decennio, accanto al Paesaggio con Apollo e la Sibilla Cumana, e costituisce il più sincero omaggio di Salvatore al collega francese Dughet, residente a Roma vicino alla sua abitazione di Trinità dei Monti. I due artisti continueranno poi a guardarsi con curiosità, ancora negli anni Sessanta e Settanta quando il Poussino sarà impegnato nel ciclo di paesi per Palazzo Colonna, ma l’equilibrio solenne delle opere eseguite da entrambi alla metà del secolo andrà via via scomparendo per sparire del tutto risucchiato in una visione più drammatica della natura destinata a larga fortuna nel Settecento.

Formatosi a Napoli, sua città natale, presso la bottega di Aniello Falcone e di Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto, negli anni trenta del Seicento, Salvator Rosa si segnalò fin da giovane per la sua grande maestria nella pittura di paesaggio, qualità che lo fece conoscere a Giovanni Lanfranco e che ne consentì il coinvolgimento nell’impresa del Buen Retiro, negli anni compresi tra il 1635 ed il 1639. Celebre per le sue marine Salvatoriello, che così veniva chiamato tra Napoli e Roma, si trasferì nell’Urbe nel 1639 e da qui venne chiamato a lavorare per gli Este e poi i Medici a Firenze, presso cui si trasferì nel 1640. Gli anni fiorentini, che vanno dal 1640 al 1649, videro il veloce inserimento del Rosa all’interno della corte granducale prima, e poi nel mondo intellettuale e accademico fiorentino e pisano. Salvatore mutò profondamente la natura della sua pittura in questi anni: i paesaggi, che l’artista continuò sempre a produrre nel corso della sua vita, mutano sotto l’esempio di Filippo Napoletano, ma anche della pittura romana di Claude Lorrain e di Agostino Tassi.

Salvatore giunge a piena maturità negli anni Cinquanta, a contatto con la grande stagione barocca romana. In questo periodo si avvicinano a lui importanti committenti e mecenati quali il cardinale milanese Luigi Alessandro Omodei (1608–1685), che chiamò Salvatore insieme a Pier Francesco Mola e a Gaspar Dughet a decorare la propria cappella in Santa Maria della Vittoria a Milano. Per l’altare il Rosa dipinse la pala dell’Annunziata oggi a Parigi (San Tommaso d’Aquino) mentre per uno dei laterali eseguì Sant’Antonio Abate eremita in un paesaggio boschivo (Milano, Pinacoteca Ambrosiana).

Salvator Rosa aveva esordito a Roma con un quadro dal soggetto e dalle forme originalissime come il Democrito in meditazione oggi a Copenaghen (Staatens Museum for Kunst), raffigurante il filosofo greco seduto in un bosco notturno, illuminato solo da una fredda luna. Il bosco selvaggio richiamava, in questo quadro come nel suo pendant, il Diogene (Copenaghen, Staatens Museum for Kunst), il paesaggio della campagna e della montagna toscana, visitato spesso dal Rosa nel corso delle sue visite agli amici pisani e volterrani. Si tratta di un paesaggio inquietante, ricco di memorie storiche e di un’antropologia bizzarra, una scenografia che ricompare in altri dipinti degli anni Cinquanta quali il già citato Sant’Antonio di Brera.

La professoressa Caterina Volpi inserirà il dipinto in esame nel suo catalogo dei dipinti di Salvator Rosa, attualmente in preparazione.

Siamo grati alla professoressa Caterina Volpi per averci aiutato a catalogare l'opera in oggetto.


Hotline dell'acquirente lun-ven: 10.00 - 17.00
old.masters@dorotheum.at

+43 1 515 60 403
Asta: Dipinti antichi
Tipo d'asta: Asta in sala
Data: 15.10.2013 - 18:00
Luogo dell'asta: Vienna | Palais Dorotheum
Esposizione: 05.10. - 15.10.2013


** Prezzo d’acquisto comprensivo dei diritti d’asta acquirente e IVA

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