Lotto No. 525


Alessandro Rosi


Alessandro Rosi - Dipinti antichi

(Firenze 1627–1697)
Allegoria dell'Amor di virtù,
olio su tela, cm 85,5 x 71,5, con cornice

Provenienza:
collezione privata europea.

Bibliografia:
F. Sricchia, Lorenzo Lippi nello svolgimento della pittura fiorentina della prima metà del Seicento, in: Proporzioni, IV, 1963, pag. 251, nota 22, pag. 266, tav. 21 (come Sigismondo Coccapani)
P. M. Ettesvold, Sigismondo Coccapani and His Position in Florentine Baroque Art, Magisterarbeit, California State University, Sacramento 1975, pag. 97 (come Cesare Dandini);
G. Cantelli, Per Sigismondo Coccapani 'celebre pittore fiorentino nominato il maestro del disegno’, in: Prospettiva, 1976, nota 7, pag. 31 (come Baldassarre Franceschini, detto Il Volterrano);
F. Sricchia Santoro, Coccapani, Sigismondo, in: Dizionario Biografico degli Italiani, 1982, vol. 26, pag. 437 (come Sigismondo Coccapani o Cesare Dandini);
E. Acanfora, Sigismondo Coccapani pittore e architetto fiorentino (1583–1643), tesi di laurea, Università di Firenze, 1985/86, n. 18, pp. 322/23 (come Alessandro Rosi);
E. Acanfora, Alessandro Rosi, in: M. Gregori (a cura di), La pittura in Italia, 1989, II, pag. 869 (come Alessandro Rosi);
E. Acanfora, Alessandro Rosi, Firenze 1994, pag. 61, n. 5, tav. (come Alessandro Rosi).

L'attribuzione del dipinto in esame è stata oggetto di una vivace discussione scientifica. Dapprima Sricchia (Sricchia 1963, pag. 251, nota 22, pag. 266, tav. 21) la pubblicò come opera di Sigismondo Coccapani (come suggerito da Roberto Longhi), ma in seguito Ettesvold (Ettesvold 1975, pag. 97) lo dava a Cesare Dandini raffrontandolo al San Giovanni Battista del Museo Civico di Pistoia, quando quel quadro era ancora attribuito al Dandini. Cantelli (Cantelli 1976, pag. 31) attribuì quindi il dipinto al giovane volterrano, prima che infine Acanfora (Acanfora 1985/86, nota 18, pp. 322/23) lo riconoscesse come opera del pittore fiorentino Alessandro Rosi, inserendolo nel catalogo delle opere dell'artista.
Il tema del dipinto in esame fu identificato da Acanfora come Allegoria dell'Amor di virtù. Secondo Cesare Ripa, autore secentesco, la personificazione dell'amor di virtù è un giovincello ignudo alato, con la corona d'alloro fra i capelli biondi. Inoltre egli regge due corone d'alloro nella mano destra e una corona nella sinistra. L'Amor di virtù è bello e giovane, poiché nella sua nobiltà è superiore a qualsiasi altra forma di amore. L'alloro è una pianta sempreverde e la corona ha la forma perfetta del circolo, senza inizio né fine, e dunque è perfetta come la virtù stessa. Il fatto che il fanciullo porti sul capo una corona ricorda l'avvedutezza, qualità indispensabile dei virtuosi. Le tre corone nelle sue mani simboleggiano le tre massime virtù morali: giustizia, coraggio e moderazione. Inoltre il tre è il numero perfetto, e inoltre ha un'importanza mistica (vedi C. Ripa, Iconologia, 1603).
Questa iconografia era molto amata soprattutto fra i pitturi francesi che vivevano a Roma (vedi ad esempio l'Allegoria dell'amor di virtù attribuita a Valentin de Boulogne, collezione privata, USA) e fu ripresa a Firenze da Lorenzo Lippi (Firenze, collezione privata) e Cesare Dandini (Venezia, collezione privata; vedi S. Bellesi, Cesare Dandini, Torino 1996, pp. 20, tav. 15) . Alessandro Rosi fu allievo di Cesare Dandini, di cui si avverte il forte ascendente nella tela in esame. Rosi sentì indubbiamente le suggestioni delle mezze figure di una bellezza sensuale e conturbante che si ritrovano inntutta una serie di opere del Dandini realizzate negli anni Trenta e Quaranta del Seicento. Il raffronto più forte con il nostro dipinto è probabilmente il suo arcangelo Michele di Prato (Cassa di Risparmio; vedi S. Bellesi, ibidem, nota 31, pag. 84). Il vaso dall'elaborato intaglio con una scena di Baccanale, nel dipinto in esame, si ritrova in forma analoga nel Ganimede di Dandini (Firenze, collezione privata; vedi ibidem, pag. 138, tav. 82).
L'elegante composizione e la fine resa pittorica, anch'esse risalenti all'ascendente di Dandini, sono elementi tipici dello stile moderno fiorentino degli anni Trenta e Quaranta.
Secondo Elisa Acanfora la composizione in oggetto, l'Allegoria dell'amore della virtù, risale al periodo giovanile, tanto più che si riscontrano evidenti somiglianze con il suo autoritratto (Firenze, Gallerie fiorentine, Depot; vedi Acanfora 1994, n. 1, pag. 59) . Il pittore si dedicò a questo soggetto in diverse versioni leggermente variate, tuttavia di difficile datazione (vedi Acanfora 1994, n. 3, 4, pag. 60; n. 6, pag. 61; n. 9, 10, pag. 63). La versione più vicina alla nostra tela è quella già appartenuta alla collezione Clark (ibidem, n. 4, pag. 60).

15.10.2013 - 18:00

Prezzo realizzato: **
EUR 61.300,-
Stima:
EUR 20.000,- a EUR 30.000,-

Alessandro Rosi


(Firenze 1627–1697)
Allegoria dell'Amor di virtù,
olio su tela, cm 85,5 x 71,5, con cornice

Provenienza:
collezione privata europea.

Bibliografia:
F. Sricchia, Lorenzo Lippi nello svolgimento della pittura fiorentina della prima metà del Seicento, in: Proporzioni, IV, 1963, pag. 251, nota 22, pag. 266, tav. 21 (come Sigismondo Coccapani)
P. M. Ettesvold, Sigismondo Coccapani and His Position in Florentine Baroque Art, Magisterarbeit, California State University, Sacramento 1975, pag. 97 (come Cesare Dandini);
G. Cantelli, Per Sigismondo Coccapani 'celebre pittore fiorentino nominato il maestro del disegno’, in: Prospettiva, 1976, nota 7, pag. 31 (come Baldassarre Franceschini, detto Il Volterrano);
F. Sricchia Santoro, Coccapani, Sigismondo, in: Dizionario Biografico degli Italiani, 1982, vol. 26, pag. 437 (come Sigismondo Coccapani o Cesare Dandini);
E. Acanfora, Sigismondo Coccapani pittore e architetto fiorentino (1583–1643), tesi di laurea, Università di Firenze, 1985/86, n. 18, pp. 322/23 (come Alessandro Rosi);
E. Acanfora, Alessandro Rosi, in: M. Gregori (a cura di), La pittura in Italia, 1989, II, pag. 869 (come Alessandro Rosi);
E. Acanfora, Alessandro Rosi, Firenze 1994, pag. 61, n. 5, tav. (come Alessandro Rosi).

L'attribuzione del dipinto in esame è stata oggetto di una vivace discussione scientifica. Dapprima Sricchia (Sricchia 1963, pag. 251, nota 22, pag. 266, tav. 21) la pubblicò come opera di Sigismondo Coccapani (come suggerito da Roberto Longhi), ma in seguito Ettesvold (Ettesvold 1975, pag. 97) lo dava a Cesare Dandini raffrontandolo al San Giovanni Battista del Museo Civico di Pistoia, quando quel quadro era ancora attribuito al Dandini. Cantelli (Cantelli 1976, pag. 31) attribuì quindi il dipinto al giovane volterrano, prima che infine Acanfora (Acanfora 1985/86, nota 18, pp. 322/23) lo riconoscesse come opera del pittore fiorentino Alessandro Rosi, inserendolo nel catalogo delle opere dell'artista.
Il tema del dipinto in esame fu identificato da Acanfora come Allegoria dell'Amor di virtù. Secondo Cesare Ripa, autore secentesco, la personificazione dell'amor di virtù è un giovincello ignudo alato, con la corona d'alloro fra i capelli biondi. Inoltre egli regge due corone d'alloro nella mano destra e una corona nella sinistra. L'Amor di virtù è bello e giovane, poiché nella sua nobiltà è superiore a qualsiasi altra forma di amore. L'alloro è una pianta sempreverde e la corona ha la forma perfetta del circolo, senza inizio né fine, e dunque è perfetta come la virtù stessa. Il fatto che il fanciullo porti sul capo una corona ricorda l'avvedutezza, qualità indispensabile dei virtuosi. Le tre corone nelle sue mani simboleggiano le tre massime virtù morali: giustizia, coraggio e moderazione. Inoltre il tre è il numero perfetto, e inoltre ha un'importanza mistica (vedi C. Ripa, Iconologia, 1603).
Questa iconografia era molto amata soprattutto fra i pitturi francesi che vivevano a Roma (vedi ad esempio l'Allegoria dell'amor di virtù attribuita a Valentin de Boulogne, collezione privata, USA) e fu ripresa a Firenze da Lorenzo Lippi (Firenze, collezione privata) e Cesare Dandini (Venezia, collezione privata; vedi S. Bellesi, Cesare Dandini, Torino 1996, pp. 20, tav. 15) . Alessandro Rosi fu allievo di Cesare Dandini, di cui si avverte il forte ascendente nella tela in esame. Rosi sentì indubbiamente le suggestioni delle mezze figure di una bellezza sensuale e conturbante che si ritrovano inntutta una serie di opere del Dandini realizzate negli anni Trenta e Quaranta del Seicento. Il raffronto più forte con il nostro dipinto è probabilmente il suo arcangelo Michele di Prato (Cassa di Risparmio; vedi S. Bellesi, ibidem, nota 31, pag. 84). Il vaso dall'elaborato intaglio con una scena di Baccanale, nel dipinto in esame, si ritrova in forma analoga nel Ganimede di Dandini (Firenze, collezione privata; vedi ibidem, pag. 138, tav. 82).
L'elegante composizione e la fine resa pittorica, anch'esse risalenti all'ascendente di Dandini, sono elementi tipici dello stile moderno fiorentino degli anni Trenta e Quaranta.
Secondo Elisa Acanfora la composizione in oggetto, l'Allegoria dell'amore della virtù, risale al periodo giovanile, tanto più che si riscontrano evidenti somiglianze con il suo autoritratto (Firenze, Gallerie fiorentine, Depot; vedi Acanfora 1994, n. 1, pag. 59) . Il pittore si dedicò a questo soggetto in diverse versioni leggermente variate, tuttavia di difficile datazione (vedi Acanfora 1994, n. 3, 4, pag. 60; n. 6, pag. 61; n. 9, 10, pag. 63). La versione più vicina alla nostra tela è quella già appartenuta alla collezione Clark (ibidem, n. 4, pag. 60).


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old.masters@dorotheum.at

+43 1 515 60 403
Asta: Dipinti antichi
Tipo d'asta: Asta in sala
Data: 15.10.2013 - 18:00
Luogo dell'asta: Vienna | Palais Dorotheum
Esposizione: 05.10. - 15.10.2013


** Prezzo d’acquisto comprensivo dei diritti d’asta acquirente e IVA

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