Lotto No. 204


Emilio Vedova *


(Venezia 1919–2006)
Per la Spagna, n. 11, 1962, firmato, intitolato e datato 1962 sul verso, olio su tela, 200 x 100 cm, con cornice

Provenienza:
Marlborough Galleria d’Arte, Roma (etichetta sul verso)
Galleria Blu, Milano
Galleria Falchi, Milano (etichetta e timbro sul verso)
Collezione privata europea (ivi acquistato)

Esposizioni:
Milano, Emilio Vedova, Galleria Falchi, 1972, riproduz. sul depliant della mostra

Quasi mezzo secolo fa in America e in Europa esplodeva la pittura che sarebbe poi stata definita ‘informale’. Lasciava alle sue spalle le forme, le geometrie e soprattutto, come una moderna iconoclastia, le immagini. Alla tela rimase il resto, il colore e qualche segno. Del primo si iniziò a parlare come di materia pittorica, tale era stato il suo stravolgimento di ruolo: il tono, il timbro e la tinta erano parte di un vocabolario arcaico, appartenente al passato. Il pennello ed il colore stesso non di rado vennero sostituiti da altri materiali, mentre il segno (parlare di disegno risulta ora essere fuori luogo) si aggrumava in matasse, sagome e grovigli di colore stesso, vivi e disperati.
Una delle voci più tonanti del movimento è stata senza dubbio quella di Emilio Vedova, che fece della tela uno specchio, una porta, un passaggio che attraverso la materia pittorica avrebbe condotto al suo ‘paesaggio del non dove’, sul quale avrebbe poi lasciato le tracce del doloroso scontro con l’esistenza.
Nel ’62 realizza i cicli polimaterici Per la Spagna per la mostra organizzata a Ca’ Giustinian, a Venezia, durante la Biennale d’Arte. Percorrendo visivamente il ciclo pittorico si avverte innanzitutto uno scontro di segni, di forze, di elementi; assalti feroci e tumefazioni di neri, incendi divampanti di rossi, colpi di frusta e di rasoio di bianchi, sibili di blu che precedono il collasso e la cataratta dei gialli.
Davanti allo spettacolo di violenza offerto dal ventesimo secolo, che raggiunse forse un picco di aggressività mai toccato in precedenza – complice sicuramente il progresso tecnologico – forse non si poteva che rispondere dipingendo così. Altri tenteranno un nuovo ordine, una sintassi ritmata alla quale Vedova rinuncerà in favore del disvelamento del mistero dell’iniquità, della sua registrazione dolorosa e sgomenta dell’avvicinamento ai suoi ‘diavoli’.
La nota forse più straordinaria del lavoro di Vedova è forse però la percezione netta, chiara, di un senso di splendore della vita. Non ci sarebbe appagamento nella sola violenza espressa sulla tela, invece il fascino che avvertiamo osservando i lavori di Vedova ci dice che in essi opera potentemente la vocazione catartica dell’arte: vale a dire quella dimensione di bellezza e di splendore che ci permette di affrontare anche la cognizione del negativo. Il fatto è che, mentre racconta la cronaca dell’aggressività umana, Vedova racconta anche un’altra violenza: la potenza del sentimento, dell’eros, del principio di vita. Ad ogni principio di morte corrisponde in modo uguale e contrario un principio di vita. E, con esso, una possibilità di salvezza.

“Il mio rapporto con l’opera è un rapporto di grandissimo malessere. Dipingere vuol dire trovarsi senza fissa dimora, con i diavoli alle spalle che spingono avanti la tua mano, il tuo braccio, tutto il tuo corpo. Chissà che cosa si registra alla fine sulla tela: sgorbi, lava, sesso, impossibilità, sbarre, segni… un territorio imprendibile che mi cambia in continuazione davanti agli occhi come fosse abitato da un animismo tremendo.”
Emilio Vedova

16.05.2018 - 19:00

Prezzo realizzato: **
EUR 234.800,-
Stima:
EUR 100.000,- a EUR 150.000,-

Emilio Vedova *


(Venezia 1919–2006)
Per la Spagna, n. 11, 1962, firmato, intitolato e datato 1962 sul verso, olio su tela, 200 x 100 cm, con cornice

Provenienza:
Marlborough Galleria d’Arte, Roma (etichetta sul verso)
Galleria Blu, Milano
Galleria Falchi, Milano (etichetta e timbro sul verso)
Collezione privata europea (ivi acquistato)

Esposizioni:
Milano, Emilio Vedova, Galleria Falchi, 1972, riproduz. sul depliant della mostra

Quasi mezzo secolo fa in America e in Europa esplodeva la pittura che sarebbe poi stata definita ‘informale’. Lasciava alle sue spalle le forme, le geometrie e soprattutto, come una moderna iconoclastia, le immagini. Alla tela rimase il resto, il colore e qualche segno. Del primo si iniziò a parlare come di materia pittorica, tale era stato il suo stravolgimento di ruolo: il tono, il timbro e la tinta erano parte di un vocabolario arcaico, appartenente al passato. Il pennello ed il colore stesso non di rado vennero sostituiti da altri materiali, mentre il segno (parlare di disegno risulta ora essere fuori luogo) si aggrumava in matasse, sagome e grovigli di colore stesso, vivi e disperati.
Una delle voci più tonanti del movimento è stata senza dubbio quella di Emilio Vedova, che fece della tela uno specchio, una porta, un passaggio che attraverso la materia pittorica avrebbe condotto al suo ‘paesaggio del non dove’, sul quale avrebbe poi lasciato le tracce del doloroso scontro con l’esistenza.
Nel ’62 realizza i cicli polimaterici Per la Spagna per la mostra organizzata a Ca’ Giustinian, a Venezia, durante la Biennale d’Arte. Percorrendo visivamente il ciclo pittorico si avverte innanzitutto uno scontro di segni, di forze, di elementi; assalti feroci e tumefazioni di neri, incendi divampanti di rossi, colpi di frusta e di rasoio di bianchi, sibili di blu che precedono il collasso e la cataratta dei gialli.
Davanti allo spettacolo di violenza offerto dal ventesimo secolo, che raggiunse forse un picco di aggressività mai toccato in precedenza – complice sicuramente il progresso tecnologico – forse non si poteva che rispondere dipingendo così. Altri tenteranno un nuovo ordine, una sintassi ritmata alla quale Vedova rinuncerà in favore del disvelamento del mistero dell’iniquità, della sua registrazione dolorosa e sgomenta dell’avvicinamento ai suoi ‘diavoli’.
La nota forse più straordinaria del lavoro di Vedova è forse però la percezione netta, chiara, di un senso di splendore della vita. Non ci sarebbe appagamento nella sola violenza espressa sulla tela, invece il fascino che avvertiamo osservando i lavori di Vedova ci dice che in essi opera potentemente la vocazione catartica dell’arte: vale a dire quella dimensione di bellezza e di splendore che ci permette di affrontare anche la cognizione del negativo. Il fatto è che, mentre racconta la cronaca dell’aggressività umana, Vedova racconta anche un’altra violenza: la potenza del sentimento, dell’eros, del principio di vita. Ad ogni principio di morte corrisponde in modo uguale e contrario un principio di vita. E, con esso, una possibilità di salvezza.

“Il mio rapporto con l’opera è un rapporto di grandissimo malessere. Dipingere vuol dire trovarsi senza fissa dimora, con i diavoli alle spalle che spingono avanti la tua mano, il tuo braccio, tutto il tuo corpo. Chissà che cosa si registra alla fine sulla tela: sgorbi, lava, sesso, impossibilità, sbarre, segni… un territorio imprendibile che mi cambia in continuazione davanti agli occhi come fosse abitato da un animismo tremendo.”
Emilio Vedova


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kundendienst@dorotheum.at

+43 1 515 60 200
Asta: Arte contemporanea I
Tipo d'asta: Asta in sala
Data: 16.05.2018 - 19:00
Luogo dell'asta: Vienna | Palais Dorotheum
Esposizione: 05.05. - 16.05.2018


** Prezzo d’acquisto comprensivo dei diritti d’asta acquirente e IVA

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